“Putin, Trump, Zelensky e il Santo Rasoio della Pace”

Editoriale da una redazione che usa il dopobarba come fonte diplomatica.

di Testa di Carta

Nel giorno in cui la geopolitica si affida più alla retorica da barbiere che alla diplomazia da salotto, il mondo assiste all’ennesimo miracolo della comunicazione a specchio: Putin propone un incontro, Zelensky accetta, Trump approva entrambi, e l’unica tregua vera è quella tra le sue due sinapsi.

Tra una stretta di mano e una rasatura sbagliata (pare che anche Scavo di Avvenire sia rimasto vittima della lama), si apre il salone della pace: a Istanbul, la capitale mondiale dei trapianti di speranza, dovrebbe svolgersi il vertice che nessuno osa definire “storico” per scaramanzia e per paura di essere citato da Bruno Vespa.

Il copione è già noto. Zelensky chiede: “Vediamoci, ma smetti di sparare.”

Putin risponde: “Vediamoci, ma lasciami sparare ancora un po’.”

Trump, in un raro momento di zen confusionale, dice: “Hanno entrambi ragione. E anche il mio golf club in Florida.”

Siamo ufficialmente nel multiverso dei compromessi: geopolitica quantistica.

Intanto in Europa succede l’incredibile: i “volenterosi” si svegliano. Macron trova un treno per Kiev che non è in ritardo, Merz trova il coraggio di sembrare autorevole per più di 12 minuti, Tusk trova la Polonia e Starmer trova finalmente un posto a tavola. Il Regno Unito ritorna al continente ma senza passare dalla dogana: miracolo da prima pagina!

E l’Italia?

Assente giustificata.

Come uno studente al quinto richiamo, Giorgia Meloni non compare nella foto ufficiale “Trump, Zelensky & Friends”. Pare fosse impegnata a scegliere tra Simeon e Simenon, ma confusa tra geopolitica e gialli, ha finito col leggere Maigret a Mosca.

Qualcuno ha parlato di “diplomazia della sedia vuota”. In realtà è più la “diplomazia della sedia pieghevole”: comoda, trasportabile, ma ti si richiude addosso se non stai attento.

Nel frattempo, Erdogan si propone come mediatore, nonostante Putin si fidi di lui come di un barbiere con il tremore essenziale. Eppure la partita si gioca: tra Siria, Libia e Black Friday delle sanzioni, il Mediterraneo torna a essere il luogo dove si affonda tutto: migranti, credibilità e a volte anche la logica.

Conclusione?

Zelensky gioca a poker con le bombe, Putin a Risiko senza dadi, Trump a scacchi 3D su una tavola da ping-pong. L’Europa, che era caduta nel burrone del disinteresse, ha messo i ramponi.

E l’Italia? L’Italia ha mandato un biglietto: “Torno subito. Non iniziate senza di me.”

 

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