Roma – Mentre gli Stati Uniti annunciano una nuova stretta commerciale con dazi mirati su prodotti europei, l’Italia risponde con la solita cantilena tranquillizzante: “Non è la fine del mondo”, assicura un membro del governo. Secondo la narrativa ufficiale, l’export verso il mercato americano rappresenterebbe “solo” il 10% del totale. Una percentuale usata come scudo politico, ma che per chi lavora in settori chiave suona come una beffa.
Dietro il tentativo di minimizzare, si cela l’ennesimo tentativo di guadagnare tempo e disinnescare le critiche. “Non dobbiamo alimentare l’allarmismo”, ripetono a Palazzo Chigi, come se l’allarme non fosse già suonato nei distretti industriali italiani. Soprattutto in quelli che rischiano di subire l’impatto più diretto: agroalimentare, meccanica di precisione, moda, automotive.
Il governo assicura che “non smetteremo di esportare negli Stati Uniti”, ma il punto non è se le esportazioni continueranno: è a quali condizioni e con quali danni collaterali.
Per ora, nessuna contromisura concreta. Solo l’annuncio di un “prossimo” studio d’impatto. Ancora da avviare, ancora da discutere, ancora da definire. Le categorie produttive verranno “ascoltate” la prossima settimana. Nel frattempo, le imprese si preparano alla tempesta da sole.
Intanto le opposizioni accusano l’esecutivo di essere in ritardo e impreparato. E la replica? Uno scaricabarile: “Criticano, ma non propongono”. Come se la responsabilità di guidare il Paese fosse delle opposizioni e non del governo in carica.
Sul fronte europeo, Roma si muove in ordine sparso. Pur facendo parte del tavolo comunitario, l’Italia fa sapere di voler portare “una linea distinta”, puntando il dito contro il Green Deal, il Patto di Stabilità e i costi energetici. Temi validi, ma ripescati opportunamente per distogliere l’attenzione dal tema del giorno: i dazi americani.
E la posizione comune dell’UE? Ancora tutta da definire. Ma già si intravede il rischio di una nuova stagione di solitudine diplomatica per l’Italia, che rivendica autonomia ma rischia l’isolamento.
L’impressione è chiara: il governo cerca di guadagnare tempo. Mentre le imprese fanno i conti con la realtà, da Roma arrivano solo frasi fatte e nessuna rotta chiara. Il 10% delle esportazioni italiane verso gli USA rappresenta miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro. Trattarlo come un dettaglio marginale è un lusso che il Paese non può permettersi.
La prossima settimana sarà decisiva, ci dicono. Ma intanto, a fronte di un’offensiva commerciale, la risposta dell’Italia resta una: ottimismo di facciata e mani in tasca.