Che spettacolo! Altro che Conclave: il vero evento è stata la sfilata internazionale ai funerali di Papa Francesco. Un red carpet globale di coscienze (quasi) pulite, di teste basse e occhi lucidi — alcuni autentici, molti ben idratati da visagisti esperti. È l’ultimo trend del potere: mostrare cordoglio per colui che fino a ieri si cercava di ignorare, correggere, contraddire. Un po’ come piangere l’amico ambientalista dopo avergli parcheggiato il SUV sul prato.

Il Papa che disturbava — ma adesso è un brand

Francesco era scomodo. Lo è stato fino all’ultimo: parlava di poveri ai potenti, di migranti a chi costruiva muri, di pace a chi firmava contratti per nuovi droni. Non benediva i loro proclami, li smascherava. E adesso? Ora è perfetto. Morto. Silenzioso. Finalmente “utilizzabile”.

Tutti allineati, quindi, con lo sguardo contrito e il tweet pronto:

“Profondamente addolorato per la perdita di un grande uomo di pace. #PapaFrancesco #LeadershipMorale”.

(Traduzione: “Per fortuna adesso non ci bacchetta più”).

Il lutto a uso e consumo dei sondaggi

È incredibile quante conversioni strategiche avvengano davanti a una bara vaticana. Leader notoriamente laici riscoprono la spiritualità. Presidenti che amano i porti chiusi si dicono “toccati dal messaggio di accoglienza del Santo Padre”. E autocrati nostalgici del manganello elogiano “la sua apertura al dialogo”. Il tutto, naturalmente, con staff fotografico al seguito.

Al funerale di Papa Francesco non si è visto solo dolore: si è vista l’eleganza della reinvenzione morale a favore di telecamera. Il pentimento non è richiesto, basta un buon comunicato stampa.

Francesco, il disturbatore beatificato in 280 caratteri

Il Pontefice che parlava di “economia che uccide” e “mondo senza umanità” è stato promosso — post mortem — a “simbolo universale di speranza” da gente che non ha mai letto una sua enciclica (e che se l’avesse letta, l’avrebbe definita “marxismo spirituale”).

Così funziona il potere: prima lo accusi di populismo, poi, quando muore, lo usi come un santino da mostrare all’ONU.

Applausi, inchini e ipocrisia in alta definizione

C’era tutto: il pathos liturgico, la compostezza solenne, il profumo d’incenso mescolato al marketing. C’erano quelli che hanno fatto della fede un’arma elettorale, e quelli che vedono la Chiesa solo come un interlocutore geopolitico. Tutti vestiti a lutto, tutti pronti a sorridere davanti all’obiettivo dopo il requiem.

Francesco non avrebbe gradito. Ma probabilmente avrebbe sorriso lo stesso, con quell’ironia gentile e disarmante, mentre osservava — dall’alto o da dentro — la grande passerella della coerenza apparente.

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