ESSERCI O NON ESSERCI

Teatro dell’assurdo: Putin regista, Trump attore, Zelensky comparsa

Nel grande teatro della geopolitica, lo spettacolo continua. Sipario aperto sulla tragedia ucraina, ma gli attori in scena sembrano usciti da un casting per commedia dell’assurdo.

Vladimir Vladimirovič Putin, il regista impassibile, non combatte una guerra: gira un film. Titolo provvisorio? “Aspettando il Generale Inverno”. Traccheggia, tergiversa, sposta soldatini e telecamere, ma il copione è chiaro: prendere tempo, confondere, annoiare il pubblico. Intanto gli altri si agitano, gridano, twittano. Lui sorride, guarda l’orologio, versa un tè.

Donald Trump, invece, è tornato. Il comico involontario, che si crede tragico eroe, è pronto a riscrivere la storia a colpi di CAPS LOCK. “Se fossi stato io, Putin non avrebbe mai invaso!”, tuona. Certo. Perché tra due narcisisti alfa, uno lascia sempre il posto all’altro. Una guerra tra specchi e parrucchini, mentre l’Ucraina brucia.

Zelensky, l’ex attore diventato presidente, è rimasto prigioniero del suo ruolo. Doveva essere il Churchill del Dnipro, e invece pare finito in una stagione infinita di Servitore del Popolo, ma senza copione. Gira per capitali, raccoglie applausi e fondi, ma intanto il fronte si consuma e l’Europa sbadiglia. Ha scoperto che nel mondo reale, quando gridi “aiuto!”, ti rispondono con una mail automatica: “Grazie per il suo messaggio, le risponderemo appena possibile.”

E l’Occidente? Fa quello che sa fare meglio: tavole rotonde, conferenze, dichiarazioni ferme e indignate. Ogni bomba russa su Kharkiv è seguita da un tweet francese, un comunicato tedesco, una riunione d’urgenza a Bruxelles e proclami propagandistici della Meloni agli italiani. I missili cadono più veloci dei verbali.

Nel frattempo, il mondo guarda. Stanco, anestetizzato, occupato con l’ennesimo iPhone e la quarta stagione di una serie su Netflix in cui anche lì c’è la guerra, ma almeno con la colonna sonora di Hans Zimmer.

Putin lo sa. È questo il vero arsenale nucleare: l’indifferenza globale mascherata da civiltà, l’estetica della pace mentre si comprano armi come se fossero snack. E lui, come un vecchio attore di teatro russo, sa aspettare. Sa prendere tempo. Sa prendersi gioco.

Essere o non essere? Ma chi se ne frega. L’importante è rimanere in scena, finché gli altri si affannano a ricordarsi la parte.

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