Signore e signori, buonasera.

Oggi vi parlo di un dramma… ma di quelli che, per fortuna, non esistono. Cioè esistono, ma ci dicono di non allarmarci. Tipo quando il vicino urla “c’è fuoco in cucina” e tu rispondi “tranquillo, sono solo due fiamme basse. Ci faccio la pasta”.

Pare che gli Stati Uniti — sì, quelli dove anche le patatine hanno il copyright — abbiano deciso di metterci dei bei dazi sulle esportazioni. Ma attenzione! Da Roma, la voce rassicurante del governo dice:

“Calma. Calma. Esportiamo solo il 10% da quelle parti. Suvvia. È poca roba.”

Solo il 10%. Come dire: “Mi hanno pignorato solo un rene. Ne ho un altro!”.

Oppure: “Ho perso il lavoro, ma era solo il 10% del mio tempo, lavoravo part-time!”.

Una logica che neanche nei B-movie della burocrazia italiana.

E comunque il governo sta studiando. Oh sì, c’è uno studio in corso.

Tipo: “L’impatto reale, settore per settore”.

Come se servisse uno studio per capire che se metti un dazio su una macchina, la macchina costa di più.

“Ma dai? Non lo sapevamo! Fate uno studio, accendete un Excel!”

Poi, ovviamente, il governo si confronterà con le categorie produttive. Tradotto:

“Chiediamo a chi ci rimette davvero cosa ne pensa. Poi ignoriamo e facciamo come ci pare, ma almeno ce lo dicono.”

E infine: “Bisogna condividere le proposte con i partner europei”.

Sì, perché in Europa noi portiamo avanti gli interessi italiani, giusto? Tipo:

E quindi, signori miei, davanti a questa grande sfida geopolitica, a questa guerra commerciale, a questi scenari da film di Scorsese con i dazi al posto delle pistole… qual è la risposta italiana?

“Non moltiplichiamo i tassi. Togliamoli!”

Tipo: “Oh, ci hanno sparato? Facciamo finta di niente, magari si scusano.”

Conclusione?

Il mondo brucia, l’export traballa, le imprese tremano…

Ma tranquilli: è solo il 10%.

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