Vasco, la voce che resiste nella notte dell’ignoranza In un mondo in frantumi, dove la storia sembra rovesciarsi su se stessa e le parole svuotarsi di senso, Vasco Rossi sceglie la resistenza. E la fa cantando. Non è solo una rockstar, non lo è da tempo. Vasco è diventato — forse suo malgrado — una coscienza collettiva, viscerale e fragile, che si sporca le mani con il presente e lo attraversa con uno sguardo ferito ma lucidissimo. In un’intervista a La Stampa, alla vigilia del suo nuovo tour, Vasco non parla solo di musica. Parla di guerra, di ignoranza, di potere, di Resistenza. E lo fa con parole che hanno il peso di chi sa cosa significa mettersi in gioco. “Oggi al potere c’è l’ignoranza. La Resistenza è un concetto chiave. Resistere al sopruso è sacrosanto.” In un’epoca di revisionismi, di fascismi camuffati da folklore, di presidenti del Senato che non rinnegano nulla, Vasco parla chiaro, come da sempre fa nei suoi testi. E lo fa ricordando suo padre, che nel ’43 rifiutò di combattere con i nazisti e finì deportato in un campo a Dortmund. Non lo dice per retorica, lo dice per radicamento nella verità. Lo dice per rispetto. “Ha preferito il lager piuttosto che combattere con i tedeschi contro gli italiani.” Ecco cos’è la Resistenza oggi: non un appuntamento stanco del calendario, ma una scelta esistenziale. È scegliere di non collaborare col disumano, fosse anche solo con il silenzio. È restare lucidi mentre tutto intorno si sfalda. E per Vasco, è anche cantare. Il suo tour 2024 parte il 31 maggio da Torino, già sold out. Ma non sarà solo una festa. Sarà un rito civile. Un concerto di luce, amore, provocazione e coscienza, perché – come dice lui – “le mie canzoni sono atti d’amore. E la provocazione deve risvegliare le coscienze”. Il tema di quest’anno? La vita. Ma non in senso astratto: la vita reale, quella presa a pugni ma ancora in piedi, quella “spericolata, complicata, fiera”. La vita che resiste, mentre fuori si alzano nuovi muri, nuovi autoritarismi, nuove guerre. La vita che non si arrende, neanche quando sembra inutile farlo. “Mai come quest’anno è il caso di celebrarla. Di fronte a questo mondo pieno di odio e guerre, noi celebriamo la vita, l’amore e la pace.” Vasco ha abbracciato la consapevolezza, dice. Pratica il “qui e ora”, respira, ascolta il silenzio. Ma non è un rifugio spirituale: è un modo per non farsi travolgere dal rumore tossico dell’epoca. È resistenza mentale. In un Paese dove si glorifica l’ignoranza travestita da identità, dove la parola “pace” è diventata sospetta e la cultura viene dileggiata, Vasco è un paradosso vivo: un cantautore di massa che parla di resistenza, di filosofia orientale, di consapevolezza. E viene capito. Amato. Seguito. Perché è sincero. Perché non si è mai piegato alle mode del pensiero unico. Perché non ha paura di essere fragile. In fondo, Vasco è come noi. Solo che ha il coraggio di dirlo prima. E di gridarlo meglio. E così, in questo tempo che ci disorienta e ci divide, la sua voce resta un faro sghembo ma luminoso, un graffio nel buio che ricorda a tutti che si può ancora resistere cantando.
Corrado Formigli Intervista Michele Serra
Manifestare per l’Europa dei diritti, soprattutto. Direi che, in qualche modo, c’erano anche tanti manifesti di Ventotene. No, mi sembra di vedere che Roberto Benigni, ieri sera, abbia rimesso un po’ di cose a posto. Che dice Michele? Beh, Roberto Benigni ha fatto l’artista, che è la cosa che gli riesce meglio, e ha tenuto una lunga “protezione civile”. Incredibile il fatto che quasi 5 milioni di persone siano rimaste ad ascoltare un monologo non semplice, in certi passaggi anche abbastanza ostico. Quindi vuol dire che le persone hanno bisogno di sentirsi raccontare un po’ di cose. E soprattutto ha rimesso in ordine alcune sequenze storiche. Ha detto che il Manifesto di Ventotene è la matrice, il seme fondamentale dell’idea federalista europea. In quegli anni, i principi fondanti dell’Europa sono stati l’antifascismo e l’antinazionalismo, e quindi è del tutto scontato che la Presidente del Consiglio non si riconosca nel Manifesto di Ventotene. Mi stupirebbe il contrario. Ho trovato un po’ eccessiva l’emotività della reazione di parte dell’opposizione, ma bisognava semplicemente prenderne atto e dirle: “Presidente, non ci stupisce affatto che lei non sia favorevole al federalismo europeo e ai valori fondamentali dell’Europa, che sono gli stessi della Costituzione italiana”. Quindi dici che c’è una connessione tra il fatto che lei non si dichiari antifascista e il suo rifiuto del Manifesto di Ventotene? Io ho sempre pensato che non abbia senso chiederle di dichiararsi antifascista, perché semplicemente non lo è. Bisogna essere lucidi rispetto a una situazione che è sicuramente preoccupante, come dice Renata Colorni, ma questa è la realtà. Però c’è una questione, Michele: una cosa è dire “A me non piace il Manifesto di Ventotene, sono per i nazionalismi”, altra cosa è farne una battaglia politica e portare questa discussione alla Camera dei Deputati, fuori contesto. Perché lo ha fatto, secondo te? Forse per buttarla in caciara e nascondere, in mezzo alle polemiche, il fatto che la sua maggioranza di governo non abbia una politica europea chiara. Un terzo è con Salvini, che è filo-putiniano—ce lo ricordiamo tutti con il colbacco. Un terzo è con Forza Italia, che si dichiara europeista. Il restante terzo è sospeso tra le esigenze di Trump e quelle dell’Europa, che al momento non coincidono affatto. È un pasticcio, ma bisogna riconoscere che la destra ha un’abilità straordinaria nel nascondere le proprie divisioni, mentre la sinistra ha un’abilità straordinaria nel mostrarle. Senti, veniamo alla piazza. È una piazza che mi ha colpito molto e che è stata attaccata sia da destra che da sinistra. Secondo alcuni, era una piazza “guerrafondaia”, piena di gente che chiedeva bombe e missili. Secondo altri, era una piazza timida, che non ha colto l’occasione per insorgere contro Trump e Putin. In genere, quando prendi critiche da entrambe le parti, vuol dire che hai fatto qualcosa di giusto, no? Sì, però ci sono alcune questioni di cui vale la pena parlare. Le polemiche sul Comune di Roma, ad esempio, sono stravaganti. Non solo il Comune ha finanziato la manifestazione, ma l’ha proprio indetta e organizzata, insieme a 12 sindaci di grandi città italiane. In piazza c’erano 400 sindaci. Era una manifestazione dei sindaci italiani in favore di un’Europa dei cittadini. Non c’era un solo simbolo di partito, né ha parlato un solo esponente politico sul palco. L’altra polemica, quella della “piazza pagata da John Elkann”, è un’offesa gratuita. E la questione della “piazza guerrafondaia”? È evidente che il dibattito su guerra e pace sia aperto. In piazza c’erano sicuramente posizioni diverse, ma l’unico vero difetto di quella manifestazione è che è arrivata con trent’anni di ritardo. Perché dico trent’anni? Perché già durante la guerra nei Balcani ci si chiedeva: dov’è l’Europa? Perché non interviene per fermare il massacro etnico? Alex Langer, uno dei padri del pacifismo europeo, diceva: “A Sarajevo l’Europa o rinasce o muore”. Alla fine, l’Europa è morta. E Langer, pochi mesi dopo, si è tolto la vita, sopraffatto dal disonore della democrazia europea. La piazza romana è ripartita esattamente da lì, con trent’anni di ritardo. Se crediamo nei valori europei—giustizia, pace, Stato sociale, libertà, diritti—dobbiamo dar loro una forma concreta. Michele, veniamo al nodo centrale: l’Europa discute di inviare armi all’Ucraina, mentre Putin e Trump negoziano una pace che dovrà soddisfare Putin e Trump, ma non si sa quanto gli ucraini. È anacronistico mandare armi proprio ora? Io la vedo così: forse è anacronistico mandarle adesso, ma è stato decisivo farlo fino ad ora, altrimenti l’Ucraina sarebbe già stata sottomessa a Putin. Quanto al piano di difesa europeo, mi riconosco nella posizione di Schlein: no al riarmo nazionale, sì a un esercito europeo. Gli italiani sono stati sempre piuttosto tiepidi sul tema delle armi all’Ucraina. Forse il pacifismo italiano ed europeo è più che altro un pacifismo “di comodo”, un pacifismo egoista? Ci sono tre tipi di pacifismo: 1. Un pacifismo etico e attivo, con radici culturali profonde, sia cattoliche che laiche. 2. Un pacifismo di comodo, che si limita a dire: “Che fastidio questi ucraini, se si arrendessero torneremmo tutti alla normalità”. 3. Un pacifismo bellicoso e minoritario, che brucia bandiere europee e diffonde calunnie. Senti, parliamo di politica interna: Meloni e Salvini sono divisi, Schlein e Conte sono divisi. Gli italiani cosa devono pensare di fronte a una destra e una sinistra spaccate al loro interno? La destra ha un ostacolo strutturale a essere europeista, perché ha una forte componente nazionalista. La sinistra è alle prese con un dilemma: l’idea di riarmare gli Stati nazionali non è logica né popolare. Mario Draghi, in Parlamento, ha detto una cosa interessante: se i Paesi europei fossero uniti, avrebbero potuto trattare sul prezzo dell’energia, ottenendo condizioni migliori. Questo vale per tutto: dagli approvvigionamenti alle spese militari. Chiudiamo con una piccola sorpresa: nel 2016, Giorgia Meloni scriveva sui social che Renzi, Hollande e Merkel avevano meno idee chiare sull’Europa rispetto ai firmatari del Manifesto di Ventotene, detenuti in carcere nel 1941. Le posizioni cambiano, a seconda che si stia all’opposizione o al governo. Io, nel 2016, non mi ricordo
Giancarlo Costanzo e il Futuro di PescarArt, giunta alla 22esima edizione.
Il Ruolo di Giancarlo Costanzo nell’Arte Contemporanea Figura fondamentale nel panorama dell’arte contemporanea a Pescara, principalmente in qualità di Presidente dell’Associazione P.A.E. e fondatore del Premio PescarArt che si terrà dal 21/12/2024 al 29/12/2024 all’Aurum di Pescara. Questo premio non solo riconosce artisti di diverse estrazioni, ma funge anche da importante piattaforma per la celebrazione e la diffusione dell’arte contemporanea nella regione. Costanzo ha dedicato la sua vita a promuovere il talento di artisti sia emergenti che affermati, contribuendo così a creare un ambiente culturale dinamico nel quale l’arte possa prosperare. La creazione del Premio PescarArt ha rappresentato una svolta significativa per l’arte a Pescara. Grazie alla visione e alla determinazione di Costanzo, il premio è riuscito a guadagnarsi un ruolo di rilievo nel circuito artistico nazionale. Questo riconoscimento offre ai partecipanti non solo visibilità ma anche opportunità per interagire e collaborare con altri artisti e galleristi, facilitando la crescita e la diffusione delle loro opere. La selezione degli artisti e delle opere esposte in occasione del premio riflette un impegno costante verso l’eccellenza e l’innovazione nell’arte contemporanea. Oltre alla sua attività di promotore, Costanzo è anche un fervente sostenitore della formazione e della sensibilizzazione del pubblico nei confronti dell’arte. Attraverso eventi, mostre e iniziative educative, ha saputo coinvolgere la comunità locale, rendendo l’arte più accessibile e apprezzata non solo come prodotto commerciale, ma come parte integrante della cultura e dell’identità collettiva. Il suo impegno ha contribuito a posizionare Pescara come un centro culturale di rilevo nel panorama artistico italiano, portando riconoscimento anche a livello internazionale. Una Visione Inclusiva per PescarArt Giancarlo Costanzo, nel suo ruolo di promotore e organizzatore di PescarArt, ha delineato un futuro che pone un forte accento sull’inclusività. Nella sua visione, l’arte non è solo per pochi eletti, ma un bene comune da condividere con tutta la comunità. Per realizzare questa ambizione, Costanzo ha avviato diverse iniziative mirate a creare spazi di dialogo tra artisti e pubblico, promuovendo un interscambio proficuo e stimolante. Una delle principali strategie adottate è la creazione di eventi dedicati a diverse forme d’arte, che permettano la partecipazione di un vasto bacino di artisti locali e internazionali. Questo approccio non solo aumenta la diversità delle esposizioni, ma favorisce anche l’inclusione di stili e approcci artistici spesso trascurati. In questo modo, PescarArt intende diventare un luogo di incontro nel quale le voci di tutte le comunità possano essere ascoltate e celebrate. Inoltre, Costanzo ha enfatizzato l’importanza dell’accessibilità dell’arte. Di conseguenza, sono stati implementati programmi che mirano a garantire che eventi, mostre e installazioni siano fruibili da tutti, indipendentemente da abilità fisiche, background socio-economici o culturali. Questi programmi includono servizi di interpretariato, percorsi guidati per persone con disabilità , rendendo l’arte un’esperienza accessibile e arricchente per ogni individuo. Costanzo crede fermamente che l’arte debba riflettere la diversità della società in cui viviamo. Pertanto, PescarArt si sta impegnando ad ampliare il suo pubblico ed a coinvolgere attivamente le diverse comunità locali, cercando di abbattere le barriere che spesso limitano l’accesso all’arte e alla cultura. Attraverso queste iniziative, il futuro di PescarArt si prospetta non solo come un evento artistico, ma come un pilastro fondamentale per la coesione sociale e la connessione comunitaria. Sinergie e Collaborazioni nel Mondo dell’Arte Giancarlo Costanzo ha sempre creduto nel potere delle sinergie e delle collaborazioni nel mondo dell’arte. Il suo impegno nell’industria culturale si traduce in interazioni fruttuose con istituzioni culturali e accademiche, che svolgono un ruolo cruciale nel potenziamento di PescarArt. Collaborazioni con musei, gallerie e università hanno creato una rete di sostegno e scambio che promuove l’innovazione e la visione artistica contemporanea. Una delle relazioni più significative di Costanzo è quella con la Scuola Romana, da Schifano ad Angeli, passando per Tano Festa, Mambor ad arrivare al più grande sostenitore di PescarArt , Enrico Manera, un’importante tradizione artistica che ha dato vita a numerosi artisti di fama internazionale. Attraverso workshop, conferenze e mostre congiunte, Costanzo offre una piattaforma per la creazione di nuovi linguaggi artistici e per la fusione di idee che riflettono le esperienze contemporanee. Queste interazioni non solo arricchiscono l’offerta culturale di PescarArt, ma servono anche a costruire un ponte tra generazioni diverse di artisti e studiosi. Inoltre, la collaborazione con artisti e figure illustri nel panorama artistico ha permesso a Costanzo di raccogliere nuove prospettive sulle tendenze emergenti. Ogni progetto condiviso apre a un dialogo che va oltre le mere esposizioni, incoraggiando l’esplorazione di temi sociali, culturali e ambientali attraverso l’arte. Questo approccio non solo stimola la creatività, ma anche la riflessione critica su questioni importanti di oggi. In questo contesto, le sinergie e le collaborazioni rappresentano il motore fondamentale per l’evoluzione di PescarArt e per la promozione di nuove esperienze culturali. La visione di Giancarlo Costanzo, fondata su relazioni professionali solide e su un reciproco rispetto tra artisti e istituzioni, è destinata a lasciare un’impronta duratura nel panorama artistico contemporaneo. Riflessioni e Presenze Illustri al Premio PescarArt Il Premio PescarArt ha visto la partecipazione di personalità di spicco nel panorama dell’arte contemporanea, contribuendo così a un dialogo profondo sulle tendenze attuali e le direzioni future della creatività. Tra queste presenze illustri, spicca G. R. Manzoni, la cui visione artistica ha reso il Premio non solo un riconoscimento, ma un vero e proprio laboratorio di idee. Manzoni, noto per le sue riflessioni critiche sull’arte, ha sottolineato l’importanza di eventi come il PescarArt nel promuovere un’interazione significativa tra artisti, critici e pubblico. Durante il suo intervento, Manzoni ha esaminato i cambiamenti nel modo di percepire l’arte contemporanea, evidenziando l’urgenza di affrontare le sfide del nostro tempo attraverso l’espressione artistica. Le sue considerazioni non solo illuminano il valore della creatività nel contesto moderna, ma anche il sociale e il culturale, rendendo evidente come le opere d’arte possano fungere da catalizzatori per discussioni più ampie sulle questioni contemporanee. Questo tipo di riflessione è fondamentale, poiché offre un’opportunità di networking e di scambio di idee tra artisti emergenti e figure affermate nel settore. La presenza di tali figure riconosciute porta una dimensione di prestigio al Premio PescarArt, arricchendo