
🗞️
Il governo della percezione: quando il potere è più fragile di quanto sembri
di Opinione Pubblica™ – Analisi & Satira con la lama affilata
Nel paese dove la benzina costa quanto una cena a base di tartufo e il discount è diventato il nuovo centro sociale, il governo Meloni si aggira come un illusionista di Las Vegas nel bel mezzo di una crisi industriale.
Lo spettacolo continua, ma il palco crolla lentamente.
1. Tre anni di potere, nessuna eredità
Ci si chiede: per cosa sarà ricordata Giorgia Meloni?
Per aver finalmente introdotto una riforma rivoluzionaria? O per aver elevato il dibattito politico nazionale al livello di un gruppo Facebook nostalgico degli anni ’30?
In realtà, la vera riforma è stata l’abolizione del senso del ridicolo.
Dove una volta c’erano piani industriali, oggi ci sono tweet in caps lock.
Dove c’erano politiche fiscali, oggi c’è il “reddito di indignazione”.
2. Minoranza al potere, maggioranza silente
Con una partecipazione elettorale al 48%, il governo Meloni gode della fiducia della minoranza della minoranza. È come vincere una partita di calcio… giocata da soli.
Ma è sufficiente. Perché? Perché molti elettori ragionano per esclusione. Guardano Salvini, guardano Valditara, sentono Lollobrigida parlare di abiti tradizionali africani e fotomontaggi papali… e concludono:
“Beh, almeno Giorgia non è niente male.”
Una standing ovation non per meriti, ma per confronto deprimente.
3. La tragica commedia dell’industria evaporata
Mentre il mondo si riconfigura in chiave tecnologica, l’Italia torna al dopoguerra… ma senza il Piano Marshall.
25 mesi consecutivi di calo della produzione industriale.
Un dato che dovrebbe far tremare le pareti del MEF, e invece viene sommerso da un fiume di comunicati su “orgoglio nazionale” e “meritocrazia”.
Il futuro dell’Italia, sembra dirci la narrativa ufficiale, è il turismo. Non come leva economica integrata, ma come unica identità socio-produttiva.
L’Italia del 2025 è una cartolina con un codice QR: “Scansiona e visita, ma non provare a lavorare qui.”
4. Governo di gaffe e distrazioni
Nel frattempo, la comunicazione di governo è affidata a individui che, come Lollobrigida, non distinguono un fotomontaggio da una visita diplomatica.
È la politica dello “scivolone virale”: se facciamo abbastanza figure barbine, nessuno parlerà del caro vita.
E intanto il PIL cresce di uno 0,6% percepito, grazie probabilmente all’aumento del prezzo dei biglietti del Colosseo e all’export di prosecco a Las Vegas.
Conclusione: un governo forte solo in apparenza
Dietro i proclami e le bandiere, c’è un governo che non tocca mai il cuore del problema: salari stagnanti, povertà diffusa, giovani in fuga, sistema sanitario al collasso, e un’economia che si sta disintegrando in silenzio.
Ma c’è un senso in tutto questo: se nessuno risolve davvero i problemi, nessuno può essere accusato di averli causati.
Nel paese della “percezione inflazionata”, anche l’inazione può sembrare una strategia.
Ma come disse un vecchio operaio licenziato:
“Ho capito che Meloni era al governo non quando ho sentito i suoi discorsi, ma quando al supermercato ho iniziato a fare i conti col centesimo.”