








Ovvero: come la politica mondiale è diventata uno show da prima serata (con audience sempre più confusa)
Benvenuti, signore e signori, alla Commedia della Politica Globale! Uno spettacolo tragicomico in replica perpetua, con colpi di scena improbabili, alleanze traballanti e protagonisti convinti di essere… divinità in terra.
Sul palco principale, direttamente da Mar-a-Lago, ecco a voi Donald “il Prestigiatore” Trump: l’uomo che, con uno schiocco di dita (e un tweet), trasforma trattati internazionali in coriandoli e alleanze storiche in siparietti da talk show. Il suo numero preferito? Il “Dazio Boom”, un trucco che consiste nel far pagare tutti tranne lui… e incassare comunque gli applausi.
Nel ruolo della co-protagonista confusa, ritroviamo l’Europa, vestita da funambola malferma che barcolla tra promesse di sovranismo, stretti bustini democratici e goffi tentativi di imitazione americana. Il suo numero? La “Capriola del Contratto Sociale”: togliere fondi a scuola e sanità per investirli in droni e carri armati. Applausi scroscianti dal backstage della NATO.
Ma non finisce qui! In platea – che poi è anche dietro le quinte, e spesso sul palco senza preavviso – siedono leader assortiti, consiglieri esperti in apparizioni mistiche, e una serie di tecnocrati-ballerini che danzano tra dossier e veline come se fosse una puntata di “Ballando con le Sanzioni”.
A sorpresa, in una scena degna di Shakespeare in salsa reality, l’Italia sfoggia la sua tragedia personale: il Governo e l’Opposizione che, a forza di parlarsi addosso, finiscono per parlarsi contro. Ma tranquilli, c’è sempre un Comitato d’Emergenza del Nulla pronto a rilasciare comunicati che sanno di PowerPoint dimenticato in sala riunioni.
E mentre i professori universitari, trasformati in monaci silenziosi, si aggirano nei corridoi delle accademie evitando il sapere come se fosse un virus respiratorio, la “Realpolitik” diventa uno spettacolo d’ombre cinesi. Un mondo dove le idee costano troppo, e i meme vanno a ruba.
Il gran finale? Un vertice internazionale dove tutti parlano insieme, ma in lingue diverse, e nessuno ascolta. Trump promette di “salvare l’Occidente”, l’Europa risponde con una strategia chiamata “vedremo”, e i cittadini – noi, il pubblico pagante – applaudiamo, perché non sappiamo più se stiamo assistendo a una tragedia o a un talent show.
Ecco a voi, dunque, la nuova stagione della politica mondiale: più Netflix che Parlamento, più influencer che statisti, più like che leggi.
Sipario? Macché. Si riprende tra cinque minuti, dopo l’ennesimo scandalo.